Controchiave affronta Pirandello mettendo a confronto due testi, con i quali dare una visione molteplice dell’autore: una novella ed un’opera teatrale, una ambientazione arcaica ed una cittadina. In entrambe le opere, il conflitto irriducibile tra l’identità personale ed il ruolo e l’immagine sociale.
Il figlio cambiato è una novella del 1904, dalla quale Pirandello nel 1933 trasse l’opera teatrale La favola del figlio cambiato: una donna, un mattino, trova nella culla un figlio diverso dal suo ma, per una sorta di incantesimo, dovrà curarlo “come se” fosse il suo: vestire la maschera di sua madre, sotto lo sguardo di una comunità superstiziosa.
Così è se vi pare è il celebre dramma del 2018: i piccoli borghesi di una cittadina sono agitati dall’arrivo di uno strano trio, reduce da una catastrofe: una madre e un genero si contendono l’identità di una figlia-moglie, in un gioco di specchi, di comprensioni e scontri, di affetti e passioni che vorrebbero vivere nell’ombra, e invece costretti, dal faro della curiosità benpensante, a svelarsi, o meglio, ad illudere di farlo.
Controchiave in questa operazione mette a confronto anche due gruppi: il gruppo dei giovani si cimenta con la novella, giocando su un registro da tragedia greca, mentre la Palestra dell’attore affronta il dramma, evidenziandone gli elementi ironici, che l’avvicinano a tratti ad una commedia degli equivoci.
Scambi tra opere, attori, persone, visioni e sensibilità.
Per Massimo In ricordo di chi ideò e volle questo spettacolo.
L’assemblea ha deciso, il vecchio cinema, abbandonato all’oblio dalle istituzioni locali non diventerà l’ennesimo centro commerciale. Occupazione! non c’è alternativa. Occupazione! per riconsegnarlo alla comunità. Ma l’occupazione rischia di finire in farsa, il tam tam diffuso nelle assemblee, attraverso i social non sortisce il risultato sperato. All’interno del cinema si ritrova non la moltitudine attesa, ma pochi personaggi, spinti dalla voglia di riaprire quello spazio chiuso ma ignari di cosa sia un’occupazione. Non era certo questo che si aspettavano e mentre decidono se continuare o meno l’occupazione, strani personaggi li accompagnano durante la notte, evocano una strage che ha colpito la città e che rischia di essere dimenticata. Parlano di impegno, di passione, di amicizia, di vite strappate. La notte passa ed il nuovo giorno porta con sé una nuova consapevolezza. Per quanto tempo? Per sempre.
Su questo assunto, l’associazione Controchiave, ha scelto di presentare un lavoro incentrato sulla strage di piazza della Loggia, avvenuta il 28 maggio 1974 durante una manifestazione antifascista e sindacale, che ha causato la morte di otto persone e un centinaio di feriti. Controchiave, nelle sue produzioni, ha sempre sviluppato una particolare attenzione alle emozioni e alle speranze che governano le persone di fronte allo “svelamento della realtà”. Per questo, la lettura del libro “Una specie di vento” di Marco Archetti, un romanzo che ridà vita alle vittime della strage, ha fatto nascere, all’interno dell’associazione, la voglia di cimentarsi in una riduzione teatrale che potesse dar aria a quelle storie individuali, dare vita al sentimento di speranza e di futuro che quelle vittime rappresentavano.
Controchiave ha voluto raccontarne il futuro spezzato, per alimentare la memoria d’ognuno, non solo dei giovani ma anche di chi, quelle storie, le ha velocemente archiviate come semplice ricordo.
Raccontare le singole storie che fanno parte della Storia, raccontare la vita che segna un ritmo comune, seminare la voglia collettiva di costruire un futuro insieme.
Quattro soci si conoscono dai tempi del liceo, hanno condiviso idee, passioni, esperienze politiche. Dopo l’università decidono di unire le loro conoscenze e attitudini personali per dar vita ad una società di informatica, un’opportunità, ma soprattutto una forma di riscatto rispetto alle aspettative che l’esperienza politica aveva loro negato. Un’azienda modello, dove i diritti prevalgono sui doveri, le retribuzione eque, gli obiettivi condivisi… un esempio da imitare. L’azienda ben presto diventa una società leader del settore, comincia a macinare profitti, il confronto con il mondo del lavoro che li circonda finisce per influenzarne lo sviluppo, ben presto le loro idee cominciano a venire meno. Il denaro cambia le loro vite e loro stessi. Ci troviamo di fronte a persone realizzate dal punto di vista professionale ma incapaci di gestire qualsiasi rapporto personale, senza soprattutto avvertirne la necessità o l’esigenza. Il collante che li ha tenuti uniti è l’azienda, i loro rapporti sono solo apparentemente ottimali. L’incontro per trovare una soluzione ad un loro problema impellente, sarà l’occasione per mettere in evidenza tutte le contraddizioni accumulate fino a quel momento e mettere in risalto la loro mancanza di scrupoli nell’utilizzare gli stessi modelli che per anni avevano individuato come i responsabili di disuguaglianze e sfruttamento.
In questi tempi bui della nostra città, precipitata in un “buco civico” fatto di corruzione ed incapacità, di indifferenza e rassegnazione, Controchiave vuole raccontare un’altra Roma, che non solo è esistita, ma che per un attimo ha vissuto l’utopia di scrivere un’altra storia d’Italia, una storia che anticipava di cent’anni la nascita di un paese democratico, laico, basato sulla sovranità popolare.
E’ la Repubblica Romana. Vissuta per soli cinque mesi, dal febbraio al luglio 1849.
Un tempo sufficiente per far concentrare a Roma e su Roma tutte le speranze di riscatto nazionale,
deluse dagli esiti dei moti dell’anno precedente.
Quell’esperimento repubblicano fu stroncato dall’esercito francese accorso, insieme agli eserciti austriaco, spagnolo, napoletano, al richiamo del Papa Pio IX, fuggito a Gaeta dopo l’assassinio del suo primo ministro Pellegrino Rossi.
Mentre le truppe francesi entrano in città, l’assemblea romana discute e vota la Costituzione, articolo per articolo, per rendere concreta, anche solo per un momento, la propria utopia.
Quel testo, un secolo dopo, sarà la base per l’elaborazione della Costituzione italiana
E’ la sera del 2 luglio 1849, mentre i francesi entrano da Porta del Popolo, al Campidoglio si vota la costituzione della Repubblica Romana.
Siamo in un’osteria nel mezzo, in qualche vicolo ai lati di Via del Corso, rifugio di popolani, combattenti, rappresentanti di quella elite che sta elaborando la costituzione negli ultimi momenti di vita della Repubblica.
Nelle osterie romane è uso il “duello di parola” – a chi rapisce meglio l’uditorio con il racconto, che spesso prende la forma della Storia. La Storia stavolta è qui ed ora, tra un destino di sconfitta e l’orgoglio di aver fatto qualcosa di importante, unico, inaspettato.
La narrazione si trasforma in un rito collettivo di crescente consapevolezza di ciò che unisce, di ricerca di quell’ “unanimismo” che fu uno dei tratti peculiari del nostro Risorgimento. E che dovrebbe far riflettere sulla mancanza, oggi, di un tessuto di profonde relazioni “civili”, quale presupposto necessario per il riscatto della nostra città, senza “salvifici” interventi dall’alto.
La tessitura drammaturgica è figlia di un intenso lavoro di ricerca storica, e di una accesa discussione, proseguita anche durante le prove, alla ricerca di un equilibrio tra la narrazione e la drammatizzazione degli eventi. Aver scelto la figura dei narratori che non sono esterni ma profondamente coinvolti nelle storie raccontate, e portatori di visioni anche tra loro dissonanti o addirittura conflittuali, ha consentito di lavorare contemporaneamente sul registro epico e su quello drammatico. La natura collettiva di questo lavoro fa sì che non compaia in locandina il nome di un regista, perché non si vuole che lo spettacolo abbia il senso di una visione “registica” della storia che abbiamo voluto raccontare. Senza voler riesumare le regie “collettive”, è però possibile affermare, e con un certo orgoglio, che ciascuno dei partecipanti allo spettacolo porta un pezzo di responsabilità non solo della sua realizzazione, ma anche del suo stesso senso.
In quel periodo gli eventi, le storie, i personaggi, i sentimenti, trovavano nella musica e nelle canzoni il veicolo principale per comunicare (e per tramandare) quel che stava accadendo. Non fu a caso che l’inno degli italiani, ed il suo compositore, Goffredo Mameli, nei mesi della Repubblica Romana furono consacrati alla Storia. Per questo in tale narrazione non poteva mancare l’elemento “musicale” che, come nel melodramma, accompagna, sottolinea, interpreta gli eventi, mantenendo e reinventando i colori e i suoni di quella Roma
I MUSICISTI (ma anche indisciplinati bulli di scena): Michele Piersanti: Oboe e flauti Emiliano D’Onofrio: Oboe Paola Darra: Sax Alto Luciano Bevilacqua: Sax Soprano e flauto Mauro Papetti: Sax Tenore Maurizio Sannibale: Sax Tenore Marcello Duranti: Sax Baritono Francesco Sennis: Sax Baritono Massimo Frasca: Batteria GLI ATTORI (inguaribilmente guitti): Guido Rossi Paola Caldarola Paola Barite Andrea Catarinozzi | Note sullo spettacolo Amore e disorientamenti tra musica e teatro PROGRAMMA: |
note sullo spettacolo
Sette quadri, sette storie di persone in lotta con il ruolo che la società ha riservato loro.
Sette storie che raccontano anche altri ruoli, quelli che i nostri personaggi affannosamente tentano di interpretare: ruoli sfumati che si fondono e confondono con altri, utilizzati come via di fuga o come compensazione.
“Posso essere me stesso solamente se mi sforzo di essere qualcos’altro”: non è una contraddizione, ma è il nostro labile, quotidiano equilibrio.
Ad un cocktail party, una borghesia elegante discute di circoli esclusivi, vacanze estive, amanti, mentre per le strade una presenza militare sinistra li protegge dagli orrori innominabili della povertà, della volgarità, dello squallore.
La strada e la stanza rappresentano il contrasto, all’interno si svolge una festa di alto e medio borghesi, in un locale di lusso, mentre fuori, infuria una guerra, una rivolta e una feroce repressione i cui ispiratori sono tra gli ospiti della festa.
Party Time è un ritratto terrificante sulla colpevole indifferenza di una classe privilegiata, sulla crudeltà dei suoi membri, sul loro disprezzo nei confronti di qualsiasi forma di dissenso.
“Una sera mi trovavo ad una festa. Mi avvicino a due giovani signore turche che stavano chiacchierando tra di loro: “Cosa ne dite delle torture che avvengono nel vostro paese?” Mi guardarono sbalordite: “Torture? Quali torture?” “Ma come? Non sapete che ogni giorno vengono torturati decine e decine di uomini nel vostro paese?” “Ma no, vi sbagliate, solo i comunisti vengono torturati”. Invece di strangolare le due signore me ne tornai a casa e cominciai a scrivere Party Time”
Harold Pinter
“In quel testo, la mia idea era di denunciare quello che può accadere nella strada anche in un paese occidentale. Il risultato di decisioni prese in alto. Quei signori, tra un drink e una chiacchiera, sanno esattamente quello che succede lì sotto, nelle strade… ”. “ E’ stata Margaret Thatcher, per prima, a reintrodurre questi metodi repressivi negli anni Ottanta. Vi ricordate cosa è accaduto in occasione delle dimostrazioni per alcune tasse antipopolari e soprattutto durante lo sciopero dei minatori inglesi, nel 1984? Un brutale abuso di potere. Quando l’autorità si sente in pericolo, reagisce. Altro che metodi democratici… ”
Harold Pinter
Vanno in scena i primi risultati di un lavoro che nasce da un confronto collettivo. E’ una verifica di percorso, ma che già aspira alla dignità di uno spettacolo.
Anche stavolta ci siamo mossi da una parola – pretesto (per chi ricorda: “metropoli”, “barricate”) che cerca di essere sintesi di uno stato d’animo collettivo. Questa prima parola è sempre una “maglia larghissima”, dentro la quale sembra possa entrare tutto e il contrario di tutto. Ma anche questa è una “nostra” insopprimibile caratteristica.
Perché “dormienti”? Perché forse una rappresentazione dell’oggi in chiave di “impegno” convinto o “disimpegno” inconsapevole è egualmente falsata.
Forse oggi prevale una condizione nella quale sei consapevole della realtà, una realtà che però spesso non ti colpisce ancora personalmente con violenza, costringendoti a “re-agire”; e sei orfano di un contesto nel quale “agire”. Hai nostalgia o rimorso del contesto perduto e attendi un “richiamo” per manifestare finalmente le tue sopite istanze, e rimetterti in gioco.
“L’Infiltrato”: Coreografia di Donatello Patino su testo di Guido Rossi con La Compagnia del Laboratorio, con Francesca Orazi, Eleonora Kojucharov, Roberto Montosi , Nicoletta Righetto, Cinzia Romoli. L’infiltrato è un agente in sonno ma senza sogni, ha un’identità doppia e quindi nessuna identità. Una danza che vive la parola ed una parola che cerca di danzare.
“Quarantamila”: Laboratorio teatrale di Controchiave. Testo di Claudio Romanelli, con Laura Aluisi e Marcella Lai La marcia dei 40.000 a Torino, nel 1980, rappresenta la sconfitta definitiva delle lotte e delle speranze operaie degli anni ‘70. Un piccolo episodio senza importanza sveglierà il ricordo di quella speranza tradita. Tre i protagonisti: la donna che non vuole risvegliare i ricordi, la memoria che fa di tutto per non essere dimenticata, e i 40.000 esseri dal volto senza nome, esecutori materiali del buio che ci accompagna.
“La donna d’argento” : Laboratorio teatrale di Controchiave. Di e con Paola Caldarola. Una panchina una strada una donna un uomo d’argento. Il mondo si ferma su quella panchina. I muscoli, i sogni i pensieri. Perché se tutto si muove senza direzione forse la vera forza sta nello stare fermi. Forse.
”Preludio” : da Die Antigone des Sophocles di Bertolt Brecht. Il Laboratorio Teatrale di Controchiave con Giorgia Calcari, Emanuele Decembrini, Mirko Alessandro Russo, Giulia Serinelli. Regia di Marco Di Pietro. Il Preludio all’Antigone di Bertolt Brecht, è un’opera a sé, un “microdramma” ambientato nella Germania nazista alla fine del secondo conflitto mondiale. Il prologo ripete, in un contesto attualizzato, la storia degli orrori descritti da Sofocle e del dolore che deriva dall’oppressione del potere. Due ragazze povere, costrette a lavorare duramente in fabbrica, sono le protagoniste, reincarnazioni di Antigone e Ismene con un rovesciamento di ruoli: la mite è colei che vuol soccorrere il fratello, la dura è quella che ne impedisce il soccorso. Cosi nella sintesi estrema di un microdramma si condensa l’insanabile e lacerante dissidio tra l’agire e il subire, l’intervento e l’inazione.
“Inerzia di Quiete”: coreografia Francesca Romana Sestili con il Laboratorio di Teatro danza di Controchiave: Mariella Bettiol, Sara Chiarlitti, Federica Damiani, Franca Filipponi, Raffaella Geraci, Milena Grieco, Nicoletta Jannitti, Anna Laura Lucarini, Eleonora Kojucharov, Jean Michel Marthey, Marta Palla, Cinzia Romoli, Isabella Rossi. Musica del Dragan Trio. L’inerzia di quiete” è la proprietà di un corpo immobile di opporsi a qualunque cambiamento del suo stato di riposo
“Nonni Armati per Roma”: Laboratorio teatrale di Controchiave. Testo di Lorenzo Palaia, regia di Massimo Cardinali, con Giulia Serinelli, Marco Sperandini, Maurizio Greco, Giancarlo Rocchi, Marco Diorio. Una simpatica banda di baldi nonni gira armata per Roma in cerca di giustizia. Non quella della borghese e ormai debole magistratura, e nemmeno quella proletaria dalle pretese egualitarie, bensì quella di pancia della strada, che fa reagire istintivamente i nostri giustizieri alle offese subite come torti da riparare, e li convince che un po’ di pulizia nel quartiere è necessaria se vogliamo vivere in tranquillità. Del resto nessun altro motivo poteva unire un fascista ripulito e un ex militante di sinistra. E la politica allora dove è finita?
“Amo gli indifferenti ovvero Inerzia di Moto”: Coreografia di Francesca Sestili con il laboratorio di Teatro danza di Controchiave su testo di Guido Rossi. Musica di Laurie Anderson. “L’inerzia di moto” è la proprietà di un corpo in movimento di opporsi a qualunque cambiamento del suo stato di movimento. “Odio gli indifferenti”, disse Antonio Gramsci. Antonio chi?
“Pubblico dibattito”: Parodia finale di Guido Rossi. Con tutti. E su tutti.
“Niente”: rap di Paolo Bevilacqua e Claudio Romanelli, con le voci di Paola Caldarola, Loredana Rossigno e Roberta Cavaliere sulle immagini di “Photo Friends Roma”.
Teatro dell’Acqua
Happening teatrale con la regia del teatro di Controchiave, musiche P. Bevilacqua
T. C presenta: SINDBAD – AMORE e PSICHE – BACINELLA – PANAS – COME PENSI DI USCIRNE – LA MEMORIA DELL’ACQUA
Con L. Aluisi, P. Bortolotto, P. Cardarola, M. Lai, G. Rossi, M. Diorio, A. Scilletta, Musiche Paolo Bevilacqua
– 6 viaggi teatrali che intrecciano storie d’acqua, 6 percorsi che raccontano la vita attraverso le rifrazioni di una ampolla, dove è raccolta acqua pura, un acqua da bere o forse solo da riflettere. Da un’idea di M. Lai e la scrittura di C. Romanelli l’onda anomala di questi racconti apre la strada al Progetto Artistico per l’Acqua che l’associazione Controchiave lancia ufficialmente da queste giornate a Sala Uno.
Curiosa replica di una storia che ha già avuto luogo
di C.Romanelli
Liberamente tratto da “Il caso di Alessandro e Maria” di G.Gaber e A.Luporini.
Una stanza in un vecchio casale, è stata da poco imbiancata la parete, ci sono i contenitori della vernice ancora sparsi sul pavimento. Al centro della sala c’è un tavolo pieno di oggetti di vita quotidiana, non manca una macchinetta del caffè, di lato due sacchi a pelo, sopra il tavolo una lampada stile classico. in fondo di lato un letto che spicca per la sua sovraccoperta colorata.
Si rappresentano i frammenti di una storia talmente normale da far venire il sospetto che non sia mai esistita. L’unica certezza è che i protagonisti sono un uomo e una donna.
Un dialogo intimo, lieve e drammatico, sfiorato da una comicità leggera e surreale, tra un uomo è una donna che sono stati amanti in un tempo passato e che si rincontrano. I due si raccontano la vita presente ma inevitabilmente ritornano al loro antico amore, ad alcuni frammenti della loro storia; come se il tempo non fosse mai trascorso o forse, meglio, trascorso nella speranza di rivedersi, protagonisti di eventi quotidiani e piccoli drammi personali che a fatica riescono ad esprimere.
Dalle parti dell’ultima grande crisi economica prima dell’attuale, i dipendenti di una qualsiasi “azienda”, vivono il trauma inaspettato delle prime “ristrutturazioni”, ancora inconsapevoli della precarietà, dell’ incertezza e della ottusa accettazione dell’ ordine esistente che negli anni a seguire travolgeranno un po’ tutti. Un “1984” rovesciato, nel quale il “pensiero unico” non è il futuro che ci attende, ma il presente che viviamo.
note di regia
Uno spettacolo che, attraverso la parola, la musica e l’immagine, affronta il tema della militanza.Per alcuni di noi militanza è un termine vecchio e da evitare, anche una brutta parola, per altri è un recupero di memoria, di quando quel termine vestiva i panni della passione politica e sociale, comportando una trasformazione totale del proprio modo di essere. Lo spettacolo crea un gioco di intrecci tra: una azione associativa, la scala di valori dettata dalla società dello spettacolo, e un fatto simbolo come il Processo Sofri, che dal suo presupposto al suo svolgimento richiama periodi significativi della nostra storia comune.
la trama
Tre narratori si trovano a dover raccontare cos’è una associazione culturale, un gruppo di soci si trova a dover affrontare la propria crisi di partecipazione con una assemblea. Ma i piani della narrazione si incrociano, in un gioco surreale fatto di canzoni e canzonature, le testimonianze e le mancate testimonianze di un’epoca prendono la ribalta, l’azione di qualcuno rimane senza parola, e il tempo inizia a correre a ritroso. Alla fine, non si potrà far altro che ricominciare. Uno spettacolo che non devi capire, ma solo vedere, trovandoti dentro…
la musica
Gli ultimi 30 anni dello scorso secolo sono stati fondamentali dal punto di vista musicale. Probabilmente non a caso, visto che i fermenti politici e sociali che hanno attraversato quel periodo (soprattutto tra la fine dei sessanta e i settanta) hanno fornito gli stimoli essenziali per lo sviluppo di nuovi linguaggi e nuovi stili. Tra il rock, il rock progressive, la psichedelia, la scuola di Canterbury, il jazz-rock, la canzone d’autore e di lotta, si sono avvicendate musiche, gruppi e musicisti che fanno parte della memoria collettiva di quegli anni.
PROGETTO ARTISTICO DI CONTROCHIAVE PERSONAGGI E INTERPRETI Il Muto Marco Diorio Narratori Massimo Cardinali Giovanna Berardinelli Davide Tassi Presidente Guido Rossi Anna Giuliana Farina Morgana Jane O’Farrell Mara Marcella Lai Antonia Laura Aluisi Marco Giancarlo Rocchi Stefano Davide Marucci MUSICHE COMPOSTE ED ESEGUITE da Paolo Bevilacqua – chitarre, percussioni Costanza Amoruso – tromba, flicorno, flauti Luciano Bevilacqua – sassofoni, tastiere Massimo Frasca – batteria, percussioni IMMAGINI Claudio Romanelli Gianni Tabò Raimondo Nitoglia
| TESTO Claudio Romanelli e Guido Rossi REGIA Massimo Cardinali MESSINSCENA Francesco Turi Giovanni Tabó Tonino Dante FONICA Damiano Sordi COSTUMI Marcella Lai LUCI Gillian Mc Bride CONSULENZA ARTISTICA Marco Di Pietro UFFICIO STAMPA Laura Aluisi Segretaria di Produzione Claudia Benedetti Michelangelo GRAFICA Roberto Leone e Giacomo Bevilacqua |